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Goffredo Mameli5.9.1827

Wikipedia (10 Sep 2014, 13:43)

Goffredo Mameli dei Mannelli, meglio noto semplicemente come Goffredo Mameli (Genova, 5 settembre 1827 – Roma, 6 luglio 1849), è stato un poeta, patriota e scrittore italiano nato nel Regno di Sardegna.

Annoverato tra le figure più famose del Risorgimento italiano, morì a seguito di una ferita infetta che si procurò durante la difesa della seconda Repubblica Romana. È l’autore delle parole dell’attuale inno nazionale italiano.


Nobile discendenza

Famiglia aristocratica sarda dei "Mameli" o "Mameli dei Mannelli", originaria della Sardegna, precisamente di Lanusei, in Provincia dell'Ogliastra. Suo trisnonno Giommaria Mameli, nato a Gairo il 25 maggio 1675 divenne notaio presso Tortolì, poi l'Imperatore Carlo VI d'Asburgo lo elevò al rango di nobile, lo fece suo console alla Corte Sabauda di Torino, poi Ufficiale della Segreteria di Stato e di Guerra del Regno di Sicilia a Palermo e poi suo segretario particolare onorario. Morì a Cagliari nel 1751 dopo che, sposato con una nobile spagnola, divenne padre di sette figli. Di questi Antonio Vincenzo fu Archivista del Viceré a Cagliari, Avvocato Fiscale Patrimoniale Regio dell'Insinuazione del capo di Cagliari e Intendente economo delle miniere, ebbe a sua volta undici figli, tra i quali Raimondo fu capitano di Vascello della Marina Regia.

Il figlio di Raimondo era Giorgio Giovanni, nato a Lanusei nel 1798 e morto a Genova nel 1871, il padre di Goffredo; anch'egli Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, contrammiraglio della Regia Marina Sarda, per via della passione del padre aveva percorso tutta la carriera nella marina, distinguendosi in spedizioni contro i pirati barbareschi e durante la prima guerra di indipendenza, venendo poi messo a terra a causa del proprio carattere indipendente e dell'impegno repubblicano del figlio, per essere poi eletto parlamentare a Torino. La madre era Adelaide (Adele) Zoagli, della famiglia aristocratica genovese degli Zoagli figlia a sua volta del Marchese Nicolò Zoagli e di Angela dei Marchesi Lomellini. Del suo parentado furono anche Cristoforo Mameli e Eva Mameli Calvino.


Biografia

Nato nell'allora Regno di Sardegna, Goffredo Mameli, istruito nelle Scuole Pie di Genova, docente nel collegio di Carcare in provincia di Savona, fu autore, all'età di quasi 20 anni, delle parole del Canto degl'Italiani (1847), più noto in seguito come Inno di Mameli, adottato un secolo dopo come inno nazionale provvisorio della Repubblica Italiana nel 1946, musicato da Michele Novaro. Ma già ai tempi della scuola dimostrò il suo talento letterario componendo versi d'ispirazione romantica, intitolati Il giovane crociato, L'ultimo canto, Le vergine e l'amante di cui però non si conoscono recensioni come opere d'arte.


Iscritto alla Massoneria, Mameli venne presto conquistato dallo spirito patriottico e, durante i pochi anni della sua giovinezza, riuscì a far parte attiva in alcune memorabili gesta che ancor oggi vengono ricordate, come ad esempio l'esposizione del tricolore per festeggiare la cacciata degli Austriaci nel 1847. Nel marzo 1848 organizzò una spedizione di trecento volontari per andare in aiuto a Nino Bixio durante l'insurrezione di Milano e, in virtù di questa impresa coronata da successo, venne arruolato nell'esercito di Giuseppe Garibaldi con il grado di capitano.


In questo periodo compose un secondo canto patriottico, intitolato l'Inno militare musicato da Giuseppe Verdi. Dopo l'armistizio, tornato a Genova riuscì a dedicarsi alla composizione musicale diventando contemporaneamente direttore del giornale Diario del Popolo e senza dimenticare di pubblicizzare le sue idee irredentiste nei confronti dell'Austria.

La sua opera di patriota venne anche svolta: a Roma, nell'aiuto a Pellegrino Rossi e per la proclamazione del 9 febbraio 1849 della Repubblica romana di Mazzini, Armellini e Saffi; e in una campagna, svolta a Firenze, per la fondazione di uno stato unitario tra Lazio e Toscana.

Nel suo continuo vagabondaggio si trovò nuovamente a Genova, sempre al fianco di Nino Bixio nel movimento irredentista fronteggiato dal generale Alberto La Marmora, quindi nuovamente a Roma nella lotta contro le truppe francesi venute in soccorso di Papa Pio IX (che nel frattempo aveva lasciato la città).

   
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